Recensione: Lettera a Dina di Grazia Verasani

Buongiorno, amanti della lettura.
Oggi vi propongo la mia opinione su "Lettera a Dina", un libro che mi ha emozionata, rattristata e che mi ha ricordato un'amicizia che ancora mi fa male.


Titolo: Lettera a Dina
Autore: Grazia Verasani
Editore: Giunti Editore
Data di uscita: 7 settembre 2016
Prezzo: €14.00

Trama:
È una mattina del 1973 e nella classe 2a H entra per la prima volta Dina. Ha dodici anni, indossa abiti costosi, è bionda e sovrappeso. Si volta verso la sua nuova compagna di banco e le dice: "Io sono fascista". L'altra le risponde: "Io sono comunista". È un colpo di fulmine. Tra le due nasce un'amicizia travolgente, fatta di sotterfugi, giuramenti, chiacchiere, litigi, riconciliazioni appassionate. Due mondi diversi, due famiglie di estrazione opposta, una di matrice operaia, l'altra, quella di Dina, decisamente borghese, che le due ragazzine mescolano e alternano in una Bologna animata dalle prime lotte studentesche. Trentasette anni dopo, mentre parcheggia l'auto, la protagonista di questa storia sente alla radio la canzone che lei e Dina ascoltavano fino allo sfinimento su un giradischi. E di colpo, vivissima, Dina è di nuovo lì. Dove si è persa l'adolescente ribelle sempre in lotta con una madre fredda e seducente? Qual è stato il momento esatto in cui qualcosa si è spezzato? E perché quella tentazione irrefrenabile di camminare a occhi chiusi sul bordo di un precipizio?


Recensione:
Mi ricordo ancora che camminavamo per il viale calpestando le foglie secche, mano nella mano, io e la mia migliore amica. Ridevamo guardando al cielo cupo, strette in un'amicizia che pensavamo sarebbe durata per sempre. Tutti noi a quell'età lo pensiamo, e anche se quel per sempre non ci sarà, quell'amicizia lascerà il segno. A volte ce la scordiamo, altre invece qualche particolare ce la riporta al presente, più viva che mai.
A fare ciò ne Lettera a Dina è una canzone degli Alunni del Sole, mentre in macchina la nostra protagonista, trentasette anni dopo, si ricorda della sua amica. E mi manchi tanto ferma il tempo e un mare di ricordi le inondano il petto, mentre questo inizia a sussultare dal pianto di lei. Ricorda Dina, la ragazza che si dice fascista appena si presenta, quella ragazza in carne e i suoi bellissimi capelli lunghi e biondi. Dina che si siede davanti al portone e si mangia un intero cabaret di bignè ignorando quella madre bellissima e quasi spregiudicata, quel padre che ama tanto ma poco presente. Un'amicizia inverosimile per le differenze inconciliabili tra le due ragazze, che tra un litigio e l'altro, una cotta e le insicurezze, mentre la politica freme, prosegue un percorso autonomo spesso a direzione unica, spesso invece viene ricacciato dentro a Dina. Una Dina che si giustifica e promette di cambiare, di migliorare quando invece è sempre più vicina a toccare il fondo. L'amica, invece, che cerca di starle vicino, che perdona e che si sente sempre responsabile per ciò che accade.

Ero in auto, ti dicevo. Io non so se ti sveglierò, sei tutto ciò che io di vero ho... Cominciai a piangere.Tu: - Perché ti piace così tanto? -Io: - Zitta, fammi sentire, parla dell'amore - .Tu che sospiri, ti accoccoli vicino a me, e fissi le casse rettangolari del Grunding come se da lì uscisse una risposta importante, la soluzione di un mistero.

Dina, la bella Dina che ha un vuoto dentro che risucchia tutto ciò che non riesce a controllare: il suo peso, le sue decisioni in merito alle amicizie, le cattiverie che dice alla protagonista e il modo assurdo e disarmante di dimostrarle amore. Fino a quando tutto precipita, Dina si perde e di quella bellezza non rimane altro che tanta disperazione che l'amica non riesce ad affrontare e a cui preferisce l'abbandono.
Purtroppo, però, la vita fa dei bilanci e invia il resoconto alla protagonista, trentasette anni dopo, in quella macchina viene invitata a far pace con quell'amicizia profonda e risvegliata, ad affrontare i suoi rimpianti inconsci, cullati ora dalle note dolci e strazianti di E mi manchi tanto.

Ed è in quel momento che decido che mi prenderò cura di te. Perché mi dici che pensi sempre a quanto ci siamo divertite da piccole, e che anche se ci siamo un po' perse tu mi vuoi bene, e io ti dico che per me è la stessa cosa, azzerando in un attimo tutte le cose e le persone che nel frattempo ti hanno sostituita.

Lettera a Dina è un libro tristemente bello, dove la narrazione è lenta forse per far soffrire in maniera delicata. Grazia Verasani, che ai personaggi non ha dato nomi, esclusa Dina, tranne che una lettera puntata, mi ha inizialmente fatto chiedere se invece di un romanzo le sue parole fossero delle memorie. Ma alla fine poco importa, mi sono detta, perché Lettera a Dina è una storia che racconta delle emozioni contrastanti che si provano in tutti quei legami di amore profondo, dove talvolta è lo stesso amore a non bastare, a distruggere.
Lettera a Dina è un romanzo che nella sua brevità riesce a trasmettere una tristezza senza confini, il valore di un'amicizia che, nonostante il tempo e gli sforzi, non è riuscita a farcela. Con parole soavi, come le note di uno spartito che si ama, con una scrittura mesta, come la melodia di un violino, Lettera a Dina arriva dritto al cuore e ricorda la nostra personale Dina, quell'amica con cui attraversavamo il viale ridendo promettendoci tacitamente il per sempre.

Una sera che piove a catinelle, apri la finestra della stanza e allunghi un braccio fuori. Ci accovacciammo sul davanzale a farci inzuppare le camicie da notte: la pioggia calda, le luci accese nelle case di fronte e un cielo così blu da sembrare dipinto con la china. (Siamo felici, Dina? Sì, siamo felici.)

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