Intervista: Vanessa Roggeri

Buongiorno, amanti della lettura!
Oggi sono felicissima e onoratissima di ospitare, qui a Uno Scaffale di libri, l'intervista di Vanessa Roggeri. Come molti sanno ha esordito nel mondo letterario con Il cuore selvatico del ginepro, una storia molto particolare che ha avuto successo.
Presto, il 21 di questo mese, arriverà nelle librerie il suo nuovo libro Fiore di fulmine pronto ad emozionarci e farci scoprire altre storie sarde meravigliose.
Ringrazio ancora una volta Vanessa per la sua gentilezza e la sua disponibilità.
Vi consiglio infine, se non l'avete ancora fatto, di leggere le storie di questa talentuosa scrittrice italiana e, spero che l'intervista sia di vostro gradimento :)


Ciao Vanessa, e benvenuta qui a Uno Scaffale di libri. Rompiamo il ghiaccio: dicci qualcosina su di te. Siamo curiosi di conoscerti.
Grazie dell’invito, è un piacere essere qui. Oltre ad ammettere che i libri sono il fulcro della mia esistenza, posso raccontare che conduco una vita molto semplice e sana; non fumo, non bevo, non frequento discoteche. Sono una persona socievole, ma detesto le feste, specie i compleanni e i trenini di capodanno. Casa mia è sempre stata un rifugio per animali; dopo aver raccolto e salvato un po’ di tutto, dalle donnole ai pipistrelli, al momento ho sei gatti, tutti trovatelli, tutti molto amati. Ho una passione viscerale per i fossili e da bambina sognavo di diventare un’archeologa come Indiana Jones. Amo i misteri, gli enigmi e le indagini perché stuzzicano la mia fantasia e curiosità. Non esagero se dico che sono curiosa come un gatto! Odio le ingiustizie, da qualunque parte provengano, specialmente se colpiscono i più deboli; i miei libri non a caso trattano anche questo tema. Sono testarda e molto orgogliosa, e cerco di mantenere sempre la parola data. Per concludere questo breve riassunto di me, confesso che sono golosissima di patatine fritte e bignè al cioccolato, e che non manco mai di portarmi dietro le mie scarpe da ginnastica preferite, anche alle presentazioni!

Quando e com'è nata la tua passione per la scrittura?
È nata presto, verso i quindici anni, quando mi sono resa conto che i libri che leggevo non mi bastavano più. Avevo bisogno di incanalare la mia fervida immaginazione, di creare le mie storie, di emozionarmi per i personaggi che nascevano dalla mia penna. Sono stata molto tenace e costante; mentre gli altri ragazzi andavano in giro a divertirsi, io mi rintanavo nella mia mansarda con una vecchia Olivetti a scrivere le mie storie, sognando di diventare un giorno una scrittrice famosa. Sono la dimostrazione che quando vuoi davvero una cosa puoi ottenerla. Non esistono ostacoli o sacrifici che riescono a spegnere la fiamma della tua passione. Spero vivamente che il mio esempio serva ad incoraggiare chiunque abbia un sogno nel cuore da realizzare.

Ti ricordi il momento o il giorno in cui hai detto "voglio diventare una scrittrice"?
Non c’è un momento preciso in cui ho formulato questo pensiero. Quando ho constatato che non si trattava di uno sghiribizzo passeggero, che la scrittura era la mia vera vocazione, ho esternato naturalmente il mio desiderio, o meglio, il mio progetto di vita. 

Hai un luogo dove ti rifugi per scrivere?
Di solito ho bisogno del contatto con la natura per fantasticare e immaginare le scene che poi andrò a descrivere nelle mie storie. Seduta su una panchetta di pietra sotto l’acero che domina il mio giardino, prendo appunti con lo sguardo perso in altri mondi. Poi mi chiudo nella mia stanza a scrivere in perfetta solitudine. 

Ci puoi dire una tua "mania" da scrittrice? Qualcosa che magari fai per scaramanzia.
Nessuna vera mania o scaramanzia. L’unica cosa particolare che faccio quando inizio una nuova storia è invocare lo spirito di Charlotte Bronte, la mia musa ispiratrice. Sento una forte empatia con questa straordinaria scrittrice.

Il tuo romanzo d'esordio, Il cuore selvatico del ginepro, è nato grazie alle credenze e alle storie tipiche sarde. Storie che, se non sbaglio, ti raccontava tua nonna. Pensi che oggi, si raccontino ancora queste storie o i bambini, i ragazzi, si stiano perdendo qualcosa?
Si potrebbe pensare che in questa era digitalizzata, i bambini e i ragazzi, storditi dall'abuso di tecnologie e social network, abbiano sviluppato un approccio disincantato alla vita, interessato poco o nulla ai racconti che riuscivano ad affascinare i nostri genitori e i nostri nonni. Invece ho scoperto che per fortuna non è così, o meglio, che non si può generalizzare in questo senso. Ho avuto il privilegio di presentare il mio libro nelle scuole e di toccare con mano quanto sia i bambini che gli adolescenti sentano fortissimo il richiamo delle proprie radici, quel desiderio naturale di scoprire il filo che ci lega al nostro passato. Una meravigliosa maestra del paese di Teti, nell’entroterra sardo, ha avuto la sensibilità e l’intelligenza di portare i suoi piccoli alunni nei boschi intorno al paese per farli immergere completamente nel mondo di Ianetta. Mentre la maestra leggeva all’ombra di una quercia o di un lentisco, i bambini si emozionavano, ma soprattutto imparavano ciò che io ho imparato attraverso i racconti di mia nonna. L’oralità del racconto, patrimonio immateriale della Sardegna, non aveva soltanto lo scopo di creare convivialità o di tramandare usi e tradizioni di un tempo, ma rivestiva una funzione pedagogica fondamentale. 

Ci sono ancora queste credenze e superstizioni in Sardegna? Sono un bene o un male?
Questa è una domanda che mi hanno rivolto spesso. Il processo di globalizzazione ha colpito anche i piccoli centri portando una pretesa di modernità uguale per tutti. Ma questa è solo l’apparenza. Se si gratta un poco la superficie si scopre che le antiche tradizioni non sopravvivono solo nelle sagre o nella riproposizione di ritualità pagano-religiose. Se si ha la delicatezza di entrare un po’ più a fondo nel cuore della vita quotidiana delle piccole comunità, si può scoprire che certe superstizioni sono ancora vive e vegete. Se ne parla meno, con più pudore e ritrosia, ma il mondo della magia e del soprannaturale fa parte della nostra storia. Non si possono cancellare secoli e secoli di credenze in così breve tempo. Mi chiedi se è un bene o un male: non lo so. In generale la superstizione non fa mai bene perché può generare dei mostri immaginari che poi sono difficili da estirpare. Indubbiamente è difficile non subirne il fascino. In questi mesi di presentazioni in giro per la mia isola ho sentito certi racconti su streghe e grimori da far accapponare la pelle. 

Sei mai stata criticata o contestata da qualche abitante della Sardegna fiero delle sua provenienza?
Il libro non è un’offesa ai sardi, ma un omaggio alla Sardegna e questo i sardi l’hanno capito benissimo. Tutti i sardi sono fieri di essere sardi e oltretutto sono lettori attenti, preparati e molto suscettibili. Se racconti loro delle frottole atte soltanto ad ingraziarteli, non ti perdoneranno. Tutti i miei conterranei che hanno letto Il cuore selvatico del ginepro lo hanno amato proprio perché parla della Sardegna più vera e segreta, scevra dai soliti cliché. Non bisogna dimenticare che un romanzo rimane comunque un romanzo, un prodotto della fantasia, ma al di là della storia di Ianetta e della sua famiglia che tanto ha coinvolto i lettori, sono proprio le atmosfere narrate, l’ambientazione, le tradizioni che ho fatto rivivere e quel sapore di favola antica, ad aver richiamato quel senso comune di appartenenza. 

La tua meravigliosa Sardegna sarà nuovamente, e per la gioia di tutti i tuoi lettori, al centro del tuo nuovo libro. Ricordiamo che sarà in tutte le librerie dal 21 di maggio e che io mi ci fionderò. Ad ogni modo, puoi dirci qualcosa di questa tua storia?
Siamo nel 1899. Il libro racconta la storia di Nora, una bambina nata in un piccolo villaggio della Sardegna, che dopo essere stata colpita da un fulmine rinasce alla vita dotata del dono terribile e straordinario di vedere i morti. Allontanata dal paese, cresce in un istituto per orfanelle di Cagliari, finché un giorno il suo destino si intreccia a quello di Donna Trinez, una nobildonna dal passato misterioso. È una storia di forti passioni, un inno alla solidarietà ed emancipazione femminile, una storia che parla di segreti di famiglia e del coraggio di saper scegliere la verità a qualunque costo.

Fiore di fulmine. Che significato ha il titolo?
Si chiama “fiore di fulmine” la particolarissima cicatrice che a volte i fulmini lasciano sulla pelle delle persone che hanno la fortuna di sopravvivere alla folgorazione. La protagonista del mio romanzo, Nora, porterà a vita questo marchio che la renderà diversa, segnata nel corpo quanto nell’anima. Il libro non avrebbe potuto avere altri titoli che questo.

Perché la scelta di ambientare la storia nell'Ottocento, Novecento?
È un periodo che mi affascina tantissimo, per il momento di transizione che ha rappresentato verso la modernità, per i costumi e le mode, per gli sconvolgimenti epocali che di lì a poco avrebbero stravolto l’intero assetto mondiale, per il fermento culturale che si respirava nelle grandi città, anche a Cagliari, dove i caffè, le riviste e gli incontri letterari animavano teatri e salotti illustri. È un’epoca lontana eppure abbastanza vicina perché se ne conservi traccia nelle architetture delle ville e dei palazzi, nei giardini, nei monumenti e soprattutto nelle fotografie in bianco e nero. 

Ti sei mai trovata ad un punto della storia in cui non sapevi che cosa scrivere? Hai mai chiesto consiglio a qualcuno?
Non è mai accaduto perché quando inizio un nuovo romanzo so già come si svolgerà la trama principale. Posso aver avuto dei dubbi sulla coerenza di piccoli risvolti narrativi. In quel caso chiedo un parere esterno a coloro che leggono in anteprima i miei libri: mia madre e mia sorella. Hanno una spiccata sensibilità e io ascolto sempre con attenzione i loro consigli. 

Fiore di Fulmine verrà tradotto in altri paesi, come il tuo romanzo d'esordio, o è troppo presto per parlarne?
Ancora non posso dire nulla di preciso.

Non c'è due senza tre! Hai in progetto di scrivere un terzo romanzo?
Certo! Sono già al lavoro. Però questa volta preferisco non anticipare nulla.

Vorresti salutarci raccontandoci una breve e magica storia o credenza sarda?
Quando scoppiava un temporale, la mia bisnonna Giulia era terrorizzata dagli specchi! Credeva, perché così si era sempre creduto fin dai tempi antichi, che questi avessero il potere maledetto di attirare i fulmini, e di fatti, appena il cielo incominciava a brontolare, correva a coprirli con dei teli. Quando leggerete il mio libro Fiore di Fulmine scoprirete che anche la nonna di Nora raccomandava alla famiglia di coprire per bene tutti gli specchi di casa… 

Grazie mille, Vanessa, per avermi dedicato un po' del tuo tempo. Noi aspettiamo Fiore di fulmine, nel frattempo ti auguro un grande in bocca al lupo. Grazie!
Grazie a te, è stato un piacere.


Commenti

  1. Avevo già adocchiato quest'autrice, e in effetti mi chiedo come mai non abbia ancora letto il suo romanzo *_* bisogna rimediare! Anche quello che sta per uscire mi garba assai! Inoltre Vanessa Roggeri mi sembra una personcina molto bella. E' stato un piacere leggerne l'intervista, grazie!

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    1. Mi piacerebbe sapere poi cosa ne pensi ^-^ E' una storia particolare e colma di tradizioni e credenze. Come te, non vedo l'ora che esca Fiore di fulmine. Poi la storia degli specchi! *-* E lei è esattamente come dici tu!
      Grazie a te per averla letta <3

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  2. Bellissima intervista Nolwenn ^_^
    Il suo primo romanzo mi ispira parecchio, anche per la copertina, sulla quale immancabilmente mi cade l'occhio ogni volta che passo in libreria!!!

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    1. Grazie, Clary <3
      Sì, un po' il titolo (meraviglioso) e poi la copertina. Forse è merito di quel vestito u.u

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  3. che bella intervista!! *-* ho letto Il cuore selvatico del ginepro e mi era piaciuto molto! penso che prenderò anche fiore di fulmine!! *_*

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