È stato nel 2009 che Candy Cheng, una giovane artista di New
Orleans, ha perso una persona molto importante nella sua vita. Dopo questa
perdita Candy ha dovuto affrontare un lungo periodo di depressione che l’ha
portata a riflettere molto sull’essere umano e sulla mortalità, in particolare
su come la morte sia un argomento tabù nella nostra società. Candy è anche
appassionata di riabilitazione degli edifici grigi e abbandonati nelle città e
fa della sua vita la comunicazione nelle comunità, nei vicinati e nei
quartieri, incoraggiando le conversazioni, lo scambio di aiuto e la
condivisione delle idee.
Uno scopo lodevole, il suo, e lo è ancora di più quello di
dar voce alle paure, speranza e obiettivi delle persone. Tutto questo la porta
a voler ridare vita ad un edificio abbandonato vicino a casa sua per far
riflettere le persone sulla vita e sulla morte. In poche ore i muri dell’edificio
sono ricoperti di enormi fogli neri a mo’ di lavagna e su di essi c’era scritto
in bianco “Before I die I want to_________”. Le persone avrebbero dovuto
prendere i gessi bianchi e scrivere una cosa che avrebbero voluto fare prima di
morire. Donne, uomini e bambini, di tutte le età hanno preso il gesso e hanno
fatto un’intima confessione ad un muro improvvisato lavagna, ricordandosi
durante quei pochi minuti di riflessione e di scrittura che non siamo
immortali, che non siamo eterni, che prima o poi moriremo. E di fronte a questa
evidenza che ignoriamo perché risponde all'esigenza di vivere la vita con più
spensieratezza.
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Guardando il TEDx Talk di Candy Cheng, commuovendomi e poi
facendo delle ricerche sul suo progetto, il Before I Die Project, ho ripensato
alla mia famiglia e a come in casa non abbiamo mai trovato inopportuno parlare
di morte. Mi sono ricordata di tutte quelle volte che ho chiesto a mia mamma
come farò a continuare la mia vita quando un giorno lei o papà non ci saranno
più, che non credo di essere pronta o che lo sarò mai. Lei mi ha sempre
risposto che nessuno lo è e mai lo sarà, e che ci è stato dato il potere della
dimenticanza. Lo chiama così, lei. Il potere della dimenticanza, quello che il
tempo sviluppa dopo una perdita, quello di riuscire prima o poi a scendere a
compromessi con il dolore per far sì che ci dia delle tregue, delle pause per continuare a vivere.
Io vorrei poterle dire che inconsciamente noi però esercitiamo già un'altra tipologia di potere della
dimenticanza, ogni giorno, dimenticando di vivere finché ne abbiamo la possibilità. Lo
esercitiamo quando ci arrabbiamo con chi amiamo, lo feriamo o per punizione gli
togliamo quel “ti voglio bene”, per orgoglio non diciamo quel “ti chiedo
scusa”, per stupidità andiamo via pensando di avere dei giorni in abbondanza,
dando per scontato il tempo e le persone. Vorrei poterle dire che il potere
della dimenticanza lo esercitiamo ogni giorno quando procrastiniamo la vita,
quando diciamo che lo faremo domani, quando diciamo che ci sarà un’altra
occasione, quando diamo per scontato anche noi stessi.
Lo esercitiamo quando ci
crogioliamo nelle nostre paure perché sono calde e morbide e conciliano una
vita che descriviamo come “tranquilla”, quando ci appoggiamo alla sicurezza. Lo
esercitiamo quando diamo per certe le persone, l’amore, noi stessi, ché il
posto fisso è sì ormai un’utopia ma nulla in confronto ad una vita fissa.
Esercitiamo il potere della dimenticanza quando distogliamo lo sguardo dai
nostri desideri, quando trascuriamo il nostro corpo, quando lasciamo marcire i
nostri sogni, quando smettiamo di sognare, quando non ci miglioriamo, quando gli
anni passano ed un giorno te ne accorgi che quegli anni sono passati davvero e
anche velocemente, quando pensiamo ai progetti ma non li realizziamo, quando
facciamo programmi senza coinvolgere il cuore e quando ci lasciamo andare.
Esercitiamo il potere della dimenticanza quando ci scordiamo
che tutto questo può finire in qualsiasi momento, esercitiamo il potere della
dimenticanza quando dimentichiamo che non siamo immortali e che ignorare la
morte, per quanto disagio possa provocare questa parola, non elimina questa
certezza, ché questa è davvero l’unica certezza della vita. L’unica.
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Mi piace pensare che le persone a New Orleans, di fronte a
questa lavagna improvvisata con quella riga da riempire e in quei pochi minuti,
abbiano pensato a cose di questo tipo, cose che di fronte alla morte assumono
un significato diverso: tutto si fa piccolo e uno pensa che alla fine la vita
non è da prendere così seriamente ed esprime un desiderio divertente e buffo,
oppure invece alla fine la vita è da prendere seriamente ma quanto basta, che
significa dare la giusta importanza alle cose che valgono.
Il progetto Before I Die ha avuto talmente tanto successo
che sono stati creati quattromila muri in più di settantacinque paesi del
mondo, raccogliendo i desideri di migliaia di persone.
Prima di morire voglio vedere ancora il mio primo amore,
scrive qualcuno dal Giappone.
Prima di morire voglio avere la mia seconda possibilità
nella vita, dice qualcun altro dalla California.
Prima di morire voglio leggere tutti i libri che possiedo.
Prima di morire voglio preoccuparmi di meno.
Prima di morire voglio riavere lei.
Prima di morire voglio dirgli quanto lui ha significato per
me.
Prima di morire voglio organizzare la festa del mio
funerale.
Prima di morire voglio trovare una cura al cancro.
Prima di morire voglio vedere il mondo senza guerre per un
giorno.
Prima di morire voglio perdonarmi.
Prima di morire voglio innamorarmi.
Prima di morire voglio vivere senza avere paura della morte.
E tu, prima di morire cosa vuoi?
Riuscire a mandare i miei pensieri nel mondo e farli arrivare a più persone possibili ❤
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