A te che ti senti perso

Quella mattina mi sono svegliata già stanca, con i pensieri e le parole del giorno prima che mi rimbombavano ancora nella testa. Pensieri e parole che non avevano nulla di dolce o di affettuoso nei miei confronti e che ho scatenato con ferocia verso di me, in maniera cattiva e crudele. Chissà perché i cuori degli altri sono sempre più importanti, chissà perché ferirli è un sacrilegio, mentre nutriamo indifferenza verso il nostro di cuore quando lo facciamo a pezzi e lo ignoriamo e lo calpestiamo e lo zittiamo e lo soffochiamo.
Ho aspettato la fine dei corsi e sono uscita dalla facoltà, ho iniziato a camminare per il parco, ho attraversato il ponte della felicità, quello in cui una mattinata mi sono messa a piangere perché ho realizzato quanto fossi felice, ed ho iniziato a vagare per la città. Senza meta sentivo questo bisogno di scappare da tutto e tutti, volevo avere attorno il caos del centro, visi sconosciuti, rumori della strada, e sopra tutto c’era l’azzurro del cielo. Ho vagato per le vie del centro, ho ammirato l’architettura degli edifici, ho osservato la gente: chi ha fretta, chi no, chi corre a mangiare, chi invece ha da poco mangiato, chi è stressato, chi invece non è mai stato così calmo; ho osservato chi cammina, le mamme coi passeggini, i figli in bici; le persone salire e scendere dai tram e anche io sono salita su quei tram, e poi scesa di nuovo, senza una meta precisa.


Ho camminato lentamente e ad un certo punto mi sono detta che non ero lucida. Realizzo di essermi persa. Non per la città o per le vie, ma di essermi persa nei miei pensieri, di essermi persa in me stessa. Allora ho preso di nuovo il tram e sono corsa in biblioteca, ho preso carta e penna e ho iniziato a scrivere e ogni tanto alzavo la testa e vedevo quell'azzurro là, quello del cielo. Ho pensato a tutti coloro che si perdono e ai numerosi significati che abbiamo di perdersi.
Ho pensato a chi si perde perché non sa che strada prendere nella sua vita, ho pensato a chi ha scelto la strada della sua vita ma non ne è più così tanto sicuro, ho pensato a chi di quella strada era sicuro ma che non è più sicuro di quello che è lui. Ho pensato a chi pensa di essere sicuro di tutto ma ha sempre quella sensazione di essere immobile nel caos che gli è attorno. Ho pensato a chi si scava dentro per capire le cose ma ci si perde e non sa più tornare al porto di se stesso.


Ho pensato alla lucidità e mi sono detta che non devi essere lucida tutto il tempo, non devi avere il controllo di tutto sempre e non devi riprendere il controllo subito. Va bene così, va bene uscire dai binari, va bene sentirsi smarriti, va bene sentirsi confusi, va bene prendere e vagare per la città e se lo stai facendo un motivo ci deve essere.
Va bene perdersi se ne esci con più consapevolezza e con più esperienza. Va bene rinvangare il passato se ti serve per capire qualcosa che è il tuo presente e che impedisce il tuo futuro. Va bene perdersi, va bene sentirsi immobili quando tutto scorre, va bene non sapere che farsene della propria vita ora, va bene domandarselo per darsi una risposta.
Va bene perdersi, se questo ti aiuta a ritrovarti e andare avanti. Va bene perché serve per migliorarsi e crescere, per essere la persona che vuoi essere domani, per essere la persona che ammiri, per essere la persona dei tuoi sogni.
Perdersi è normale. Perdersi fa parte di quella strada che stai percorrendo. Perdersi non è una colpa. Perdersi non è uno spreco di tempo come ci fanno credere. Non avere un obiettivo concreto non fa di te un fallito.
Perdersi delle volte è necessario se vuoi trovarti oppure ritrovarti.

Commenti

  1. Sei riuscita a dare voce a quello che provo da Novembre-Dicembre 2018. Mi sento persa, forse perché c’é sempre qualcosa o qualcuno che fa crollare le mie certezze. Per ritrovarmi, ogni volta, ascolto sempre un po’ di più me stessa, senza zittire il mio cuore e le mie sensazioni, come scrivi tu. Grazie ����
    Ps. Ti seguo anche su Ig ��

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