Recensione: A caccia nei sogni di Tom Drury

Ci sono quei posti in cui ti sembra sempre di tornare a casa, e ci sono quei posti che, invece, ti fanno sentire inadeguato: dopo A caccia nei sogni credo che non tornerò più a Grouse County.

A caccia nei sogni di Tom Drury

Titolo: A caccia nei sogni
Autore: Tom Drury
Editore: NN Editore
Prezzo: €18.00
Data di uscita: 2 novembre 2017

Trama:
Tom Drury ritorna a Grouse County per raccontare pochi giorni cruciali nella vita della famiglia Darling, in cui tutti cercano di ottenere qualcosa, ma senza sapere come farlo. Charles, ovvero Tiny, vuole un vecchio fucile legato a un ricordo d'infanzia; Joan, sua moglie, è in cerca delle aspirazioni perdute; Lyris, la figlia di Joan, vuole trovare un punto fermo da cui cominciare davvero a crescere; e il piccolo Micah, figlio di Charles e Joan, vuole sfuggire al buio della sua stanza a costo di perdersi nel buio delle strade cittadine, Dalla vastità dei panorami della Fine dei vandalismi, Drury si concentra adesso su un frammento di quel mondo, racchiuso in un unico weekend, in cui gli eventi si dilatano


Recensione:
Come nella Holt di Kent Haruf, anche nella Grouse County di Tom Drury si fa presto ad abituarsi agli usi dei suoi abitanti, a entrare nelle vite di tutti loro, a chiamarli per nome quando li si incontra, a farsi cullare dalle loro esistenze sonnacchiose, tipiche di un'America rurale e di provincia. Eppure tra Kent Haruf e Tom Drury, sebbene sia inevitabile fare dei confronti, ho trovato esserci invece un abisso di differenze. A partire da quella cittadina, perché è vero che ci si abitua velocemente, ma è anche vero che non sempre sia un'esperienza positiva: se a Holt è stato come tornare a casa ogni volta, con Grouse County non è stato così. Dopo La fine dei vandalismi, che ricordo avermi lasciata con un certo senso di insoddisfazione dopo averlo concluso, nutrivo delle speranze in un secondo volume più coinvolgente emotivamente e meno dispersivo nella sua narrazione. Eppure a me A caccia di sogni non è piaciuto, le speranze sono state spazzate via lasciando un leggero retrogusto di delusione, ma nemmeno tanto amara.

Aveva sempre capito troppo tardi quali erano le persone che voleva vicino e cosa avrebbe dovuto fare per non perderle.

Tornare a Grouse County non mi ha lasciato una traccia di tenerezza, non mi sono sentita a mio agio e mi sono sentita come quel cittadino che supera i confini e quando è costretto a tornare in città si sente inadeguato, come se tutto quello che lo ha circondato in passato fosse stato solo una piccola parentesi della vita. Quel cittadino che quando torna non lo riconosce più nessuno e, ognuno nella sua casa all'ora di cena dicesse ad un altro membro della famiglia che è cambiato, che non ha più nulla a che fare con loro, che non è di "qui". Tornare a Grouse County con A caccia nei sogni mi ha fatta sentire così: sebbene la narrazione sia più coincisa rispetto al primo volume e Tom Drury si fosse concentrato solo sulla famiglia di Tiny, che ora si fa chiamare Charles, a me è mancato qualcosa di importante, qualcosa che poi, parlando con la mia cara amica Cecilia che lo ha letto anche lei, mi ha detto essere l'empatia e che fa tanto. Fa tanto sì, perché in effetti non mi è piaciuto nessun personaggio: il Charles ormai accasato, possessivo ma ancora rissoso; la Joan indipendente e amante della sua autonomia che vuole di più; i figli Lyris e Micah che non hanno più le attenzioni dei genitori e allora la prima fa da genitore al secondo, in un'America un po' vintage dove le armi però descrivono una realtà mai così attuale e un poco angosciante.
Empatia, sì, ma quel Drury de La fine dei vandalismi che, comunque vada, ti lascia l'ansia di proseguire la lettura per scoprire l'epilogo ci ciascuna vita io non l'ho ritrovato.
Quindi con A caccia nei sogni la mia permanenza a Grouse County finisce qui, con tanti ricordi di tante vite senza avere un epilogo definitivo, perché è questo che succede quando vai via da un posto e non ci torni più.

Joan battè involontariamente i denti. In quel momento tutto le parve precario. Si domandò come mai certi eventi casuali si caricassero a volte di tanti significato.

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