Recensione: Le anatre di Holden sanno dove andare di Emilia Garuti

Buongiorno, amanti della lettura!
Oggi leggiamo insieme la recensione di un libro il cui titolo mi ha conquistata e la cui trama mi sussurrava di avere qualcosa di familiare. E di familiare ha tutto: quel senso di smarrimento, di disorientamento, di confusione. Quel sentirsi inadatti e inadeguati. Quel sentirsi soli, deboli, inferiori, in ritardo rispetto a chi invece cammina, corre, arriva, va avanti.


Titolo: Le anatre di Holden sanno dove andare
Autore: Emilia Garuti
Editore: Giunti

Trama:
Una allergia diffusa verso l'ipocrisia degli adulti, a partire da quegli immaturi dei suoi genitori, l'orrore puro per gli happy end e le soluzioni preconfezionate e, soprattutto, una voglia matta di dare del filo da torcere a "Denti L'Oréal", la psicologa col muso da lucertola che mamma e papà pagano profumatamente per mettere un freno ai suoi colpi di testa. Questa è Will, per la precisione Willelmina, l'eroina irriverente e sognatrice di questo libro, che, come un lupo ferito, ha decisamente smarrito il branco. Nell'arco di un settembre nero che chiude l'ultima estate da liceale, mentre i suoi coetanei si fanno elettrizzare dalle mille luci della vita universitaria, Will si aggira senza meta come un'aliena su un pianeta sconosciuto. Unico scudo: l'ironia. E la musica, certo. E improvvisamente Matteo, il ragazzo strano e "poco collaborativo" della sala d'attesa, che la rincorre per mezza città nel tentativo di riportarla indietro. Che cosa vuol dire davvero essere giovani? E quanto costa l'autenticità? A chi si è fermato e non sa dove andare, a chi si sente fuori sincrono, fragile, confuso e sbagliato. A chi è giovane adesso e a chi non lo è più, ma ha buona memoria. Tutti, almeno in una fase della vita, abbiamo potuto dire: io sono Will. "Le anatre di Holden sanno dove andare" è un piccolo classico sulla paura di crescere.


Recensione:
Chi non si è mai sentito smarrito e perso nella sua vita? Perso tra tante alternative e possibilità e sapere della loro esistenza, ma non sapere quali siano? Uno smarrimento tipico di chi è un neodiplomato e sa che si trova di fronte, forse, alla prima decisione importante della propria vita. E Will, ne Le anatre di Holden sanno dove andare, si trova con le spalle al muro, braccata dai suoi genitori borghesi e dalla psicologa spinta dal volere di questi. Will che sembra smarrita riguardo anche alla sua identità, al suo nome.
Mentre i giorni passano e lei sta sul divano a guardare film, i suoi coetanei e compagni sono entusiasti di cominciare un nuovo percorso della loro vita, si sono immatricolati e pian pianino iniziano a allontanarsi dal loro nido. Will si sente spaesata quindi anche con loro, anche con la sua migliore amica di sempre che le dice "è ottobre".

In genere, in questi casi io mi appallottolo a riccio e mi stringo forte forte le gambe al petto così da tenermi per bene tutta intera, e trattengo il respiro, per non sentire che mi si rompe per l'angoscia che ho nel petto.

E allora? Che sia ottobre, settembre o agosto lo status emotivo e psicologico di Will è sempre lo stesso. Tratta qualsiasi cosa della vita con superficialità, quando naviga in una profondità di pensieri che la stordiscono. Utilizza l'ironia per affrontare qualsiasi cosa, delle volte sembra una supponente viziata figlia di papino che si annoia. E lo pensano anche i suoi genitori, così attenti ad apparire perfetti agli occhi della società che la questione "università" e "futuro" della figlia è più un cosa del tipo "cosa penseranno di noi gli altri"?

Il problema delle persone è che non riescono a farsi gli affari propri. Le cose te le devono chiedere perché sentono con ogni fibra del loro corpo il bisogno di giudicarti per qualcosa, e quando non fai come loro, ridono o inorridiscono come se fossi il mostro di Frankenstein. Solo perché non ti puntano più le torce ardenti e i forconi, non vuol dire che l'umanità abbia fatto dei grandi passo evolutivi interiori.

Ma a Will poco importa cosa dicono gli altri. Non vuole prendersi un impegno universitario di cinque anni, se va tutto bene. Inizia a nutrire una vera e propria fobia nei confronti delle università in generale, ma sa anche che con un diploma del liceo classico può fare ben poco; allora mentre cerca di capire cosa c'è di sbagliato in lei, se ne sta sul divano a guardare film. Ma c'è davvero qualcosa di sbagliato in lei? È lei il problema? Non può essere la società ad essere un problema per ogni neoadulto? Ad esempio, molti danno per scontato che dopo la maturità uno si iscriva all'università, ma non ogni tipo di facoltà. Chiariamoci: uno che va a fare lettere moderne è diverso da quello che fa ingegneria. Però lettere moderne è pur sempre una facoltà, no? E quindi la società giudica non solo la scelta di continuare gli studi o no, ma anche tipo di studi: la società è il nostro giudice.
Dunque è normale sentirsi sotto pressione a diciotto anni, come è normale che molti di noi ci siamo trovati a sentirci così persi come Will. Cosa vogliamo fare del nostro futuro? Al di là di continuare gli studi o no, al di là del tipo di facoltà da frequentare, al di là della società e della pressione che ci inietta.

E' così strano non avere sogni? Quando uno è abituato a vedere che non si avvera mai tutto ciò che desidera, mi sembra normale che dopo un po' smetta di sognare. Si chiama istinto di conversazione: se non speri niente, non rimarrai mai deluso, è piuttosto scientifico. Poi, quando si realizzano solo gli incubi, uno comincia anche ad avere una certa paura di sognare.

Finito di leggere il breve libro della giovane Emilia Garuti mi sono messa a pensare che l'estate era inoltrata e molti neodiplomati si stavano crogiolando per capire che fare della loro vita. Li ho capiti. Li ho compresi. Mi sono sentita vicino a loro. Un po' perché ho vissuto questa fase cinque mesi fa anche se avevo ormai preso la mia decisione, un po' perché Emilia è una coetanea e ha uno stile così semplice e diretto. Ci parla di giovani, della vita da giovani, del sentirsi persi e poi ritrovati da soli o grazie a qualcuno, che anche lui aveva bisogno di essere ritrovato. Un cercarsi e un ritrovarsi, dunque. Senza paure.

Io sono una persona che pretende troppo dagli altri. Ma che dà anche tanto, perciò mi aspetto sempre che quel tanto mi torni indietro quando ne ho bisogno, ma è una speranza cretina. Però io continuo a dare, il che vuol dire che sono ancora più cretina della speranza stessa.

Commenti

  1. Sembra più che interessante, conviene aggiungerlo alla lista di libri da leggere. Anche se continuando di questo passo la lista sarà infinita :)

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  2. Questo libro mi attrae sin da quando lo ho visto la prima volta sugli scaffali. Sono certa che lo prenderò e sento che potrebbe piacermi!

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  3. Ho letto molti pareri positivi su questo romanzo e nonostante all'inizio non mi fossi lasciata incuriosire troppo dalla trama, sta iniziando a crescere la voglia di leggerlo :)

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    1. All'inizio potresti non provare la protagonista simpatica, ma con l'andare delle pagine scoverai qualcosa di "familiare" ^^ Tutti ci siamo sentiti così, prima o poi.

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  4. Un'altra recensione positiva...forse mi deciderò. Complimenti per la recensione ricca e completa.

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  5. Questo libro mi ha proprio delusa! :/

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    1. Sì, ricordo :) Ho letto la tua recensione (leggo ma non commento delle volte perché sono sempre di corsa) ed è stata proprio questa a spingermi ancora di più a leggerlo. Ho pensato che il tuo era il primo vero "no", e volevo saperne di più :)

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  6. Mi hai incuriosita anche perché mi sono trovata persa e senza una direzione dopo la maturità. Bellissima recensione, mi sono iscritta al tuo blog, se vorrai passare a dare un'occhiata al mio mi fa molto piacere. Un abbraccio, Ilsie.

    www.animadellestorie.blogspot.it

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    1. Eh si, quasi tutti ci siamo trovati senza direzione dopo quella fase della nostra vita.
      Ma grazie *-* Certo che passo!

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