Recensione: Da lontano sembra vero di Catherine Cipolat

Buongiorno, amanti della lettura!
Cominciamo il mese più rovente dell'anno con la recensione di una raccolta di racconti al quanto freschina, di cui la scrittrice è stata finalista del concorso Io Scrittore del 2013.


Titolo: Da lontano sembra vero
Autore: Catherine Cipolat
Editore: Landscape Books

Trama:
"Sono nata in città dove i fondali sono dipinti a pennellate veloci. Da lontano sembrano veri. Gli alberi sono di cartapesta. Gli animali di peluche, le auto di latta, i passanti di piombo, la neve è d’ovatta, la pioggia disidratata". Dieci storie, dieci ritratti di un'umanità drammatica a tratti allucinata ma dolorosamente normale; uno specchio del nostro mondo interiore raccontato con l'occhio attento e profondo di chi usa la penna come un pittore farebbe con un pennello.


Recensione:
I racconti sono o amati o odiati. Sono considerati qualcosa di inferiore ad un romanzo, ad esempio. Sono sottovalutati. E Catherine Cipolat ce lo dice senza mezzi termini nella prefazione.

Già, perché non basta uno spunto, un messaggio, un tema, un bel vocabolario a fare un buon racconto. Serve altro: serve la materia di cui è fatta la realtà.

Una prefazione che mi ha conquistata. Come mi ha conquistata l'idea di addentrarmi nella mente maschile, in particolare, e di scoprirne i segreti e i dilemmi.
Devo ammettere però che il mio interesse è scemato a fino a metà racconti, quando molti non li ho capiti anche rileggendoli e quando sono arrivata al punto di non capire nemmeno il filo conduttore di questi. Essendo una raccolta di racconti è essenziale che ci sia, è indispensabile, ma io ancora non lo avevo scovato.
Dalla seconda metà fino alla fine, invece, il mio interesse si è rizzato come le orecchie di un cagnolino ai rumori. I racconti hanno iniziato ad essere più lunghi, più zuppi di emozioni, più comprensibili e il filo conduttore più visibile, fino a darmi il colpo di grazia con l'ultimo racconto quando mi sono ritrovata totalmente dentro alla storia e con il cuore che batteva a mille.

Per cambiare vita si può iniziare da un dettaglio qualunque: tagliarsi le unghie, tingersi i capelli, decidere di buttare un vecchio e amato maglione nella busta pronta per la Caritas. Ma Emilio non si è lasciato sedurre da questo tipo di decisione che rimane in superficie e tende a ingannare. Ci si illude di aver compiuto un grande passo, una svolta radicale mentre si è modificata solo l'apparenza, lasciando intatta la sostanza dell'individuo.

Il tema che penso di aver colto è l'angoscia umana, e non solo maschile dato che qualche racconto ha per protagoniste delle donne. Uomini e donne sono pervasi da un'angoscia psicologia oppure emotiva. L'angoscia di un uomo che si sente impuro in questo mondo e, la notte, fa strambi balli nudo nel suo appartamento. L'angoscia di un uomo e di una donna il cui rapporto è ambiguo e dai sentimenti contrastanti basati su un'incomprensione reciproca. L'angoscia di due donne alle prese con la malattia che le divora. Ed infine l'angoscia umana di un perverso anziano che risucchia l'innocenza che, con l'angoscia non ha ancora direttamente niente a che fare.

Il mattino del ritorno, timbrando il cartellino, si era sentito come un sopravvissuto purificato dall'esperienza estrema, le vertebre sciolte, mobili, pervaso da un piacevole sollievo, pronto ad abbracciare la vita, anche se quotidiana, con vigore.

Cathrine Cipolat, con il suo libro, gioca con le nostre emozioni come se queste fossero sedute comode su un'altalena. Alla fine ci lancia in aria facendoci abbracciare un'amarezza che caratterizza i suoi racconti rendendoli molto particolari e, alcuni, non facilmente dimenticabili. Forse per la crudezza delle sue parole celata da una grazia ammirevole, forse perché semplicemente descrive la realtà come i media o altri libri non fanno per paura di mettere a disagio i lettori. Catherine Cipolat questa paura non ce l'ha e la realtà ce la sbatte in faccia con lo scopo quasi di smuoverci.

Tolse il volume e rimase a guardare le immagini. Senza suono erano come gli incubi dove si grida ma non esce la voce perché è un blocco solido o quando si vuole correre e i piedi sprofondano nel suolo, appesantiti dal silenzio. Un'esistenza compressa che non riusciva a uscire dallo schermo.

Commenti

  1. Interessante, davvero interessante. Mi sembra davvero un ottimo libro, ci farò un pensierino :)

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  2. Io ho un bruttissimo rapporto con i racconti, ciò nonostante in questo periodo ho provato a dare un'opportunità a questo genere letterario con "Paradossi della scrittura" di Alessandro Abbate e non è andato poi così male. Quindi, se "Da lontano sembra vero" è riuscito a coinvolgerti così tanto, me lo appunto ;)

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    1. Ah, davvero? ^^ Io invece li leggo molto volentieri, sia classici che contemporanei. Ed è andata bene anche con questo, alla fine ^^

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  3. Grazie di cuore della recensione sincera e attenta. Un piccolo appunto: la raccolta non è finalista del concorso IoScrittore. Finalista era il romanzo "Vagli a spiegare che è primavera". Peccato questo "bruttissimo rapporto con i racconti":-), credo ne sia colpevole l'editoria italiana. In altri paesi sono ritenuti una delle forme alte della letteratura, con grandi autori alla pari con poesie e romanzi. Nella raccolta un filo conduttore c'è, anche se non è rosso, non è evidente, non è immediato. Il racconto come punta acuminata di uno spillo. Superficie microscopica dove tutto succede. Di nuovo grazie e buona lettura a tutti!!!

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    1. La ringrazio io.
      Mi dispiace molto per l'errore, purtroppo mi è stato riferito così dall'ufficio stampa e provvederò a modificare o cancellare l'informazione dai vari social :)
      La penso come lei, riguardo all'editoria italiana che non dà ai racconti la giusta e meritata attenzione.
      Grazie mille per essere passata e grazie delle belle parole sia qui, nel commento, sia nella sua raccolta :)

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