Recensione: Mi sa che fuori è primavera di Concita De Gregorio

Buongiorno, amanti della lettura!
Il libro protagonista di oggi l'ho letto circa due settimana fa. E' stato difficile per me scrivere la recensione, come è stato difficile non toccarmi il petto e ricacciare indietro le lacrime durante la lettura. Come è stato difficile continuare quest'ultima perché, ad ogni pagina, volevo non finisse mai. Volevo un'emozione infinita, volevo una primavera certa, una primavera di dodici mesi.


Titolo: Mi sa che fuori è primavera
Autore: Concita De Gregorio
Editore: Feltrinelli

Trama:
Ferite d'oro. Quando un oggetto di valore si rompe, in Giappone, lo si ripara con oro liquido. È un'antica tecnica che mostra e non nasconde le fratture. Le esibisce come un pregio: cicatrici dorate, segno orgoglioso di rinascita. Anche per le persone è così. Chi ha sofferto è prezioso, la fragilità può trasformarsi in forza. La tecnica che salda i pezzi, negli esseri umani, si chiama amore. Questa è la storia di Irina, che ha combattuto una battaglia e l'ha vinta. Una donna che non dimentica il passato, al contrario: lo ricorda, lo porta al petto come un fiore. Irina ha una vita serena, ordinata. Un marito, due figlie gemelle. È italiana, vive in Svizzera, lavora come avvocato. Un giorno qualcosa si incrina. Il matrimonio finisce, senza traumi apparenti. In un fine settimana qualsiasi Mathias, il padre delle bambine, porta via Alessia e Livia. Spariscono. Qualche giorno dopo l'uomo si uccide. Delle bambine non c'è più nessuna traccia. Pagina dopo pagina, rivelazione dopo rivelazione, a un ritmo che fa di questo libro un autentico thriller psicologico e insieme un superbo ritratto di donna, coraggiosa e fragile, Irina conquista brandelli sempre più luminosi di verità e ricuce la sua vita. Da quel fondo oscuro, doloroso, arriva una luce nuova. La possibilità di amare ancora, l'amore che salda e che resta.


Recensione:

Vorrei che mi aiutassi, se puoi, a prendere le parole metterle in fila ricomporre tutti i pezzi che sento frantumati e dispersi in ogni angolo del corpo. Vorrei ricostruire i frammenti come si ripara un oggetto rotto, prenderlo in mano e portarlo fuori da me. Per tenerlo accanto, portarlo in tasca, metterlo in borsa ma intero, tutto intero. Pensi che si possa farlo, scrivendo? Se fossi stata capace l'avrei fatto, ma non sono capace e non ero pronta. Ora sono pronta. Voglio mettere un punto.

Ci sono quei libri che, una volta finiti, ti lasciano il vuoto dentro. Un vuoto pesante quanto un macigno e assordante col suo eco. Un vuoto che stringe forte il petto, soffoca il cuore, fa vibrare lacrime che non credevi di versare. Lacrime innocenti e pure nella forza dell'emozione, nella forza di chi le sente, di chi le vive, di chi le rende vive, di chi le trasmette e di nuovo, di chi le sente. Come un circolo vizioso.

Le "cose" di prima non le ricordo quasi più. Non è vero che l'oblio non esiste. La testa seleziona, fa archivio continuamente e molto scarta. Fa spazio, compatta. Magari non elimina del tutto ma comprime in un formato illeggibile. Anche se ti sforzi non trovi la chiave, non lo puoi decifrare più.

Mi sa che fuori è primavera mi ha conquistata sin dal momento che ho letto il titolo. Dopo è venuta quella copertina disarmante nella sua semplicità e in quei colori delicati come una carezza materna. Ed è di questo che parla il libro: di maternità. Una maternità negata e rubata.
Il libro racconta di fatti di cronaca realmente accaduti e che potete cercare e approfondire con un semplice clic, ma a me, in questa recensione, importa di Irina.

Ogni altra cosa scolora per me, signora conservatrice, di fronte al bisogno di sapere se non viviamo per caso in un tempo che non corre lungo una linea del tempo ma che invece è tutto e sempre contemporaneamente presente, è tutto qui, un tempo in cui ciò che è accaduto che accade e che accadrà abita lo stesso spazio. Solo che noi siamo ciechi e non vediamo, noi per salvarci dimentichiamo, crediamo di essere la sola cosa presente e importante e siamo invece semplici frutti di un albero che replica, nelle stagioni, le stesse e diverse foglie, gli stessi e diversi frutti.

Irina che si vede strappare via la sua stessa carne, che si vede privata del suo stesso sangue. Il marito, oserei dire a questo punto, squilibrato emotivamente approfitta di una vacanza con le figlie Livia e Alessia per portargliele via. Per privarla della genitorialità, per privare le piccole del loro diritto di avere una mamma. Due giorni dopo, Mathias, si toglie la vita in un modo veloce e che non permette ripensamenti o insuccessi, come l'adultera russa più famosa, un padre infedele a questa parola, si butta sotto ad un treno. Lascia un testamento in fondo al cassetto, lascia un biglietto con scritto che le piccole non hanno sofferto e che lei non le rivedrà più.

Parole tranello. Capriccio. Colpa. Regola. Pericolo. Non giocare con queste parole. Quando sembra che gli altri conoscano le regole del gioco e tu no. Quando vogliono farti pensare che sei inadeguata, e alla fine davvero lo pensi. Quando vogliono farti dire che sei stata una bambina viziata, che hai giocato con il fuoco. Che la colpa è tua. La colpa. E' tua. Che non sei stata prudente, non hai visto il pericolo. Egoista, cieca. Bisognava sopportare. Non giocare con queste parole. Non toccarle. Sono trappole mortali.

Che vuol dire? Insomma, è palese il senso della frase. Eppure io continuo a pensarci e pensarci, ma è evidente che forse le bambine non ci sono più. Che colui che doveva proteggerle è lo stesso che ha tolto loro il respiro. Ma come si fa ad accettare la morte delle proprie figlie senza un corpo da seppellire e piangere? Irina lo sa in fondo, lo sa che Alessia e Livia non ci sono più. Mentre tutto ciò che era loro è rimasto immutato, come i seggiolini della macchina e i peluche preferiti.

Il lutto in assenza del corpo è un'emorragia misteriosa e inarrestabile: hai sempre una linfa da perdere, si rigenera, non arriva mai il giorno in cui si estingue.

Cos'ha spinto Mathias a questo gesto estremo? Un amore crepato. Un amore incrinato. Un amore rattoppato. Un amore viziato. Un amore incompleto o, un amore eccedente.

L'amore è fragile. E una cosa talmente magica che bisogna starci molto attenti. A come si dicono le cose. Svanisce altrimenti; va via. Deve rimanere bello. Vive di sorrisi. Handle with care, non cura. Controllare le proprie ossessioni, non fare scenate di gelosia inutili. Non metterlo alla prova, soprattutto. Mai.

Irina scrive a tutte le persone coinvolte nella sua vita, a quelle coinvolte nella sua vita del dopo. Ad esempio alla suocera, al giudice, all'agente di polizia, all'amica. E scrive anche al suo compagno attuale, Luis, che l'ha conquistata senza farlo, che l'ha amata anche se lei non voleva, che rappresenta il sacrilegio per la società, perché Irina è andata avanti nonostante la perdita delle figlie, nonostante non sia più madre. Ma Irina ci dice che non è necessario avere dei figli per sentirsi madri, per amare come una madre sa fare. Ed è ostile alla nazione, la Svizzera, maschilista e razzista nei confronti degli italiani. Quel volto della Svizzera che pochi conoscono: la sua rapidità, la sua precipitabilità, la sua burocrazia veloce e meccanica, la sua razionalità senza limiti e il suo essere pragmatica.

Dimenticare è impossibile, ma vivere si deve perché la natura ha deciso così: il dolore da solo non uccide. L'assenza di un amore si ripara, con altro amore.

Questo libro è una gemma, è una porzione di vita e di speranza, è un intero di dolore e di mancanza. E sappiamo che questa è una mancanza che devasta l'anima, il corpo, la mente. Una mancanza che rende la vita monca, la rende insipida, la rende spenta, pronta a corrodere qualsiasi emozione pur di nutrirsi. E la sua emozione preferita è la speranza farfallina, la speranza lucciola, la speranza dalla luce flebile ed effimera.


L'assenza è una presenza costante: ti sfida in un corpo a corpo quotidiano, ti assedia. Ti vuole nella lotta, misura il tuo respiro. La nostalgia fisica, poi. E' proprio impossibile colmare la mancanza di un corpo vivo: quell'odore, quella morbidezza della pelle, quella voce quando ti chiama. Quel tipo di resistenza docile all'abbraccio, quel modo di piegare il collo. Non c'è niente, nessuno che possa sostituire l'assenza di qualcuno. Solo il sogno.

Mi sa che fuori è primavera è straziante. Meravigliosamente straziante. E anche se fuori non è primavera, Concita De Gregorio, Irina e la sua storia, hanno annaffiato il nostro cuore, quello dei loro lettori, per tutta la durata di quelle poche pagine dando vita ad un amore incondizionato e una speranza infinita, pronte ad attraversare il sentimento standard e ad affacciarsi alla vita in superficie.

L'amore non si dimentica di te anche quando tu lo ignori. Torna, bussa. Se non rispondi ti porta a fondo. Devi averne un po' paura, ma più di tutto devi mostrargli il tuo coraggio. Devi esserci, quando chiama. Devi essere lì e prenderti cura di lui. Solo se lo lasci libero di andare puoi vederlo tornare.

Commenti

  1. Dalla tua recensione si percepisce subito il vortice di emozioni che ti ha regalato questo romanzo, romanzo che io non conoscevo ma che ora è in vetta alla mia WL :)

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    1. Sììì, ti prego leggilo, Sara *-* Voglio assolutamente sapere che ne penserai!

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